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Quattromila ettari: da Sedilo a Uta la Sardegna brucia

Un muro di omertà protegge gli incendiari (che sono sardi, non migranti): abbattiamolo

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La cenere che arriva dalle campagne e copre persino le strade, impalpabile nel suo soffocante grigiore, si deposita come un velo sui vetri sfondati delle auto che il calore ha deformato, pneumatici afflosciati.

Questa è Uta, oggi.

Ma è anche Sedilo, il Marganai, Dualchi. E Siliqua, Furtei e Villamar. E Carbonia. Quattromila ettari cancellati per decenni: gli aggettivi di tutti i dizionari non bastano a qualificare, a definire a circoscrivere la vastità di questa tragedia. Rendono necessario lo stato di calamità, l’intervento della Regione e del Governo perché i danneggiati, soprattutto agricoltori e allevatori, abbiamo un aiuto e lo abbiano in fretta.

Questo deve fare la politica. E molto altro ancora: forse anche inasprire le pene una volta per tutte, perché non c’è molta differenza tra l’omicidio e la morte della terra per mano dell’uomo.

Ecco, l’uomo. Con su luminu, con la carta, con la diavolina. Sardo, non migrante stavolta. Non zingaro, non mendicante, non finto richiedente asilo. Mani sarde che hanno toccato quelle pietre, tagliato quei rami, camminato in quelle campagne.

Mani di sardi che hanno aspettato che si levasse un bel maestrale, portatore di raffiche, per regolare chissà quale conto. Col vicino di campagna che gira col fuoristrada nuovo e non è giusto; con se stesso, in un conflitto irrisolto che si sfoga così.

L’angoscia è non sapere chi appicca il fuoco, non vederlo in faccia un incendiario. Non vederlo quando torna a casa o al bar dopo che ha fatto l’enorme danno suo.

Che faccia hanno gli incendiari: sono tutti grezzi, bestie offensive che grugniscono mentre si danno da fare con le prime fiamme? Sono persone anche normali, che hanno donne e babbi, sorrisi di figli, esistenze private, lavori e o passioni, cantine e congelatori a pozzetto con provviste che arrivano dalle terre che hanno bruciato?

Ma l’angoscia è anche non sapere perché si appicca il fuoco, perché si distrugga il patrimonio di tutti.

Molti sardi non meritano la Sardegna ma gli altri sardi devono isolarli. Smascherarli, sbugiardarli. Devono infamarli nella pubblica via.

Non c’è civiltà né fierezza né codici valenti in questa omertà.

 

Claudio Cugusi

militante della Base – Sardegna vera

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