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Adolescenti e social

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Ultimamente sono frequenti gli articoli sugli adolescenti e l’uso sbagliato che fanno dei social. Ogni volta gli adulti si stupiscono e si chiedono cosa mai si possa fare e come mai questo avvenga. Vi propongo una chiave di lettura, tra le tante che abbiamo a disposizione.
Intanto cerchiamo di capire a cosa servono i social agli adolescenti, perché è chiaro che per loro sono molto importanti, come per parecchi adulti, del resto. Sono una forma di socializzazione che consente di tenersi in contatto nonostante le difficoltà negli spostamenti che normalmente gli adolescenti hanno. In quanto luogo di socializzazione consentono di mettersi in gioco, sperimentarsi nelle relazioni, sfidare le regole, il tutto in uno spazio protetto rispetto alla presenza di adulti. Non molto diverso da quanto avviene fuori dai social. A volte ospitano quelli che si crede siano riti di passaggio che attestano l’ingresso in un’età superiore, oppure la più classica richiesta di attenzione e riconoscimento da parte degli adulti. La famosa rissa ai giardinetti di Bologna di qualche tempo fa, per intenderci.
Gli adulti si scandalizzano, ma ha senso che lo facciano? La loro attenzione all’uso che gli adolescenti fanno dei social si accende solo quando ci sono di mezzo il sesso o la violenza. Dove sono per le altre mille espressioni degli adolescenti sui social? Dove sono quando postano le loro espressioni artistiche, i loro disegni, le prime canzoni che iniziano a comporre?
In realtà è sempre successo che alcuni adolescenti usassero il sesso per avere consenso e popolarità: se l’adolescente ha una bassa autostima questo può succedere e la rete non fa eccezione. L’unica differenza è che ora gli adulti sono costretti a vederlo e lo osservano con lo stesso sguardo con cui osservano serie intere di trasmissioni su delitti efferati: sono scandalizzato e se mi dai un’immagine ghiotta magari ti seguo anche di più. Queste trasmissioni non le fanno gli adolescenti, le fanno gli adulti. Gli adolescenti registrano solo che con sesso e violenza l’interesse sale, e si comportano di conseguenza.
Inoltre vorrei far notare che i social non sono stati inventati da adolescenti, ma da adulti. Il tanto criticato Ask, ad esempio, ha un sistema che favorisce il ricorso ad esternazioni esasperate per guadagnare popolarità. Ma è stato inventato da adulti, non da adolescenti.
Ancora: spesso le foto nude, di solito di ragazze, ma non solo, vengono esplicitamente richieste come prova di interesse, di coraggio, per vedere se “sei veramente bella” o “veramente tu”. Vorrei stupirmi, ma mi dispiace segnalare che un ragazzo giovane non può avere appreso i meccanismi di un maschilismo così becero da solo e che la ragazza non può avere immaginato da sola il comportamento di sottomissione a richieste di questo tipo come indice di accettabilità sociale. Ancora una volta ci stupiamo di un modello che siamo noi a proporre.
Non intendo deresponsabilizzare gli adolescenti, intendo dire che se si vuole un comportamento diverso dai ragazzi bisogna però che qualcuno lo proponga, e occorre anche che sia un modello che fa sentire loro che saranno al riparo dalla solitudine e dall’emarginazione sociale, che poi sono le paure più grandi per un adolescente.
Cosa fare: ho avuto in diverse occasioni pazienti adolescenti che arrivavano in seduta terrorizzate dall’aver mandato una foto di sé in biancheria o nude al ragazzo che le aveva chieste via facebook. Credevano che sarebbero state più apprezzate, ma poi si sono rese conto di quanto avevano fatto e si sono disperate. Spesso c’è un problema di autostima alla base, e c’è la convinzione di non avere abbastanza risorse per ottenere un’attenzione di tipo diverso. Ancora spesso c’è la convinzione che in fondo tutti i ragazzi chiedano questo, che non ci siano comportamenti alternativi, che sia una sorta di regola sociale.
Capirete allora che il primo lavoro va fatto in famiglia: genitori presenti, interessati alla vita dei loro figli, in tutti i suoi aspetti e che li aiutino a costruirsi una buona autostima faranno si che il proprio figlio sia più coperto rispetto a certi rischi. Il problema non sono i social, ma che tipo di ragazzi si vuole crescere e che tipo di adulti si vuole essere. Spesso ci dimentichiamo di quando siamo stati adolescenti e di quanto fossero importanti per noi i nostri disegni, la nostra musica, le nostre creazioni, i nostri fumetti, il nostro sport, e da adulti non diamo attenzione a questi aspetti dei ragazzi, costringendoli a credere che le cose che hanno valore siano altre rispetto a quelle che li rendono felici.
Sarebbero certamente utili programmi nelle scuole per l’utilizzo dei social, ma anche per favorire autostima e consapevolezza nei ragazzi, nonché programmi di educazione sessuale. Ma soprattutto sarebbero necessari adulti in grado di essere presenti per i propri figli, senza caricarli di aspettative così irrealistiche da fargli credere che saranno accettati solo se saranno straordinari: perché nei social spesso straordinario vuol dire qualcosa di non buono, ma è il concetto alla base che è sbagliato, e cioè che qualcuno debba per forza mostrarsi straordinario per avere valore.
Una volta ho assistito ad un seminario sulla condizione della donna; tra i relatori c’era un giornalista di una ben nota testata sarda. Le persone presenti segnalavano perplesse la tendenza del giornalismo italiano a trattare per lo più fatti di cronaca nera, meglio se conditi di sangue e particolari crudi. Lui rispose “Credete che alla gente interessi della vecchina che fa la maglia nel paesino? La gente vuole il sangue, è per quello che compra il giornale, e allora noi gli diamo il sangue, perché le vendite di giornali stanno calando e noi vogliamo vendere”.
Ora: qualcuno di voi è ancora stupito per la ragazzina che si fotografa in mutande su facebook?

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