Perché un immobiliarista di buona fama e la moglie ristrutturano a proprie spese un chiostro medioevale al centro di Cagliari e lo regalano ai cagliaritani trasformato in museo di arte contemporanea? Perché sono matti, di una pazzia buona che se fosse contagiosa avremmo risolto i problemi della Sardegna.
Eâ lâunica risposta possibile che mi è venuta ieri pomeriggio entrando nel cantiere del chiostro di San Francesco in via Mameli. Ad accompagnarmi in questo viaggio tra gli operai e la storia, Carlo Scano e Francesca Lecca, che tre anni fa hanno rilevato questâimmobile meraviglioso e decrepito per farci la loro casa. Lâhanno finita dal notaio, invece, a costituire una fondazione che porta il loro nome e che è diventata proprietaria dello stabile. Il resto lo sta facendo con soldi propri questa coppia sanlurese mia amica: mette le risorse finanziarie che servono per rifare tutto secondo le rigide quando ovvie prescrizioni della Sovrintendenza. Non lo chiedono, non lo dicono ma è chiaro che parliamo di qualche milione di euro: ci sono travi dâacciaio che solo movimentarle costa un botto, un tetto di cristallo , fregi e pietre da ripulire a mano, piano piano. E poi volte a crociera che stavano venendo giù e sono state consolidate, pavimento da rifare in cemento industriale, due meravigliosi affreschi murari del Partito Sardo dâAzione che probabilmente hanno visto la luce e il colore sotto la mano di Aligi Sassu; un giardino del quale si intravedono appena gli ulivi secolari. E davvero altro: avevamo un bene pazzesco nel cuore di Cagliari e ce nâeravamo dimenticati. E lo riavremo, restaurato, grazie anche allâimpegno dello studio dellâarchitetto Massimo Faiferri, cagliaritano di valore, secondo me uno dei pochi in Sardegna allâaltezza di un incarico così.
Mentre passeggiamo tra la polvere e la gru, in un pomeriggio dove non tira vento e il sole picchia, Carlo mi spiega due cose strabilianti: la prima è che nel Mac, Museo di arte contemporanea, troverà sistemazione degna la sua collezione di pittori sardi del â900. E con questo riempiamo un vuoto culturale pesante. La seconda è che nel giro di un anno, esagerando, il Mac sarà aperto con i suoi 1700 metri quadrati di sale espositive, caffè, ristorantino, uffici, book shop.
Una struttura che avrà un aiuto per partire - e mi auguro che le fondazioni bancarie facciano in fretta la loro parte â ma che nei desideri di Carlo e Francesca dovrà sostenersi da sola. âAbbiamo fatto un business planâ, mi dicono, âsecondo noi câè il tanto e vorremmo che la società che gestirà Mac, società che stiamo selezionando proprio ora, fosse capace di risultati economici positivi che invece altri non riescono a conseguireâ.
Un obiettivo ambizioso ma del tutto giusto: in una città turistica, sempre più turistica, lâunico museo di arte contemporanea sarda ha tutte le carte in regola per produrre posti di lavoro e mantenersi. Buon lavoro e grazie: non câè davvero altro da aggiungere. Se non la speranza del contagio della buona follia.