La Questione del Bilinguismo a scuola entra prepotentemente nella campagna elettorale in vista delle elezioni regionali sarde del prossimo 16 febbraio. Dopo decenni di discussioni, pare che finalmente anche le forze politiche si siano accorte della necessità e dellâurgenza, non più rinviabile, di introdurre la lingua sarda, come materia curriculare, nelle scuole di ogni ordine e grado. Pedagogisti come linguisti e glottologi, psicologi come psicoanalisti e perfino psichiatri, ritengono infatti che la presenza della lingua materna e della cultura locale nel curriculum scolastico si configurino non come un fatto increscioso da correggere e controllare ma come elementi indispensabili di arricchimento, di addizione e non di sottrazione, che non âdisturbanoâ anzi favoriscono lo sviluppo comunicativo degli studenti perché agiscono positivamente nelle psicodinamiche dello sviluppo. In particolare la lingua materna (quella sarda per noi) serve: per allargare le loro competenze degli studenti, soprattutto comunicative, di riflessione e di confronto con altri sistemi; per accrescere il possesso di una strumentalità cognitiva che faciliti lâaccesso ad altre lingue; per prendere coscienza della propria identità etno-linguistica ed etnoâstorica, come giovane e studente prima e come persona adulta e matura poi; per personalizzare lâesperienza scolastica, umana e civile, attraverso il recupero delle proprie radici; per combattere lâinsicurezza ambientale, ancorando i giovani a un humus di valori alti della civiltà sarda: la solidarietà e il comunitarismo in primis; per superare e liquidare lâidea del âsardoâ e di tutto ciò che è locale come limite, come colpa, come disvalore, di cui disfarsi e , addirittura, âvergognarsiâ; per migliorare e favorire, soprattutto a fronte del nuovo âanalfabetismo di ritornoâ, viepiù trionfante, soprattutto a livello comunicativo e lessicale, lo status linguistico. Che oggi risulta essere, in modo particolare nei giovani e negli stessi studenti, povero, banale, improprio, âgergaleâ.Con un numero di parole ormai ridotto al minimo. E poiché tra il pensiero e il linguaggio câè unâinterazione ne deriva che il pensiero si è anchilosato, come il linguaggio. Inoltre, premesso che la sollecitazione delle capacità linguistiche deve partire dallâindividuazione del retroterra linguistico, culturale, personale, familiare, ambientale dellâallievo e del giovane, non per fissarlo e inchiodarlo a questo retroterra ma, al contrario, per arricchire il suo patrimonio linguistico, lâeducazione bilingue svolge delle funzioni che vanno al di là e al di sopra dellâinsegnamento della lingua: si pone infatti anche come strumento per iniziare a risolvere i problemi dello svantaggio culturale, dellâinsuccesso scolastico e della stessa âdispersioneâ e mortalità come della precaria alfabetizzazione di gran parte della popolazione, evidente e diffusa a livello di scolarità di base ma anche superiore. Ma lo studio della lingua sarda, va al di là di questi pur importanti obiettivi. Lo studio e la conoscenza della lingua sarda, può essere uno strumento formidabile per lâapprendimento e lâarricchimento della stessa lingua italiana e di altre lingue, lungi infatti dallâessere âun impaccioâ, âuna sottrazioneâ, sarà invece un elemento di âaddizioneâ, che favorisce e non disturba lâapprendimento dellâintero universo culturale e lo sviluppo intellettuale e umano complessivo. Ciò grazie anche alla fertilizzazione e contaminazione reciproca che deriva dal confronto sistemico fra codici comunicativi delle lingue e delle culture diverse, perchè il vero bilinguismo è insieme biculturalità , e cioè immersione e partecipazione attiva ai contesti culturali di cui sono portatrici, le due lingue e culture di appartenenza, sarda e italiana per intanto, per poi allargarsi, sempre più inevitabilmente e necessariamente, in una società globalizzata come la nostra, ad altre lingue e culture, europee e mondiali. La lingua sarda infatti in quanto concrezione storica complessa e autentica, è simbolo di una identità etno-antropologica e sociale, espressione diretta di una comunità e di un radicamento nella propria tradizione e nella propria cultura. Una lingua che non resta però immobile â come del resto lâidentità di un popolo â come fosse un fossile o un bronzetto nuragico, ma si âcostruisceâ dinamicamente nel tempo, si confronta e interagisce, entrando nel circuito della innovazione linguistica, stabilendo rapporti di interscambio con le altre lingue. Per questo concresce allâagglutinarsi della vita culturale e sociale. In tal modo la lingua, non è solo mezzo di comunicazione fra individui, ma è il modo di essere e di vivere di un popolo, il modo in cui tramanda la cultura, la storia, le tradizioni. La Lingua sarda infine, essendo la più forte ed essenziale componente del patrimonio ricchissimo di tradizioni e di memorie popolari, sta a fondamento â per usare lâespressione dellâarcheologo Giovanni Lilliu â dellâIdentità della Sardegna e del diritto ad esistere dei Sardi, come nazionalità e come popolo, che affonda le sue radici nel senso profondo della sua storia, atipica e dissonante rispetto alla coeva storia e cultura mediterranea ed europea.
Assume cioè un valore etico, etnico-nazionale e antropologico e, se si vuole, anche politico, nel senso di riscatto dellâIsola e del suo diritto-dovere allâAutodeterminazione e allâIndipendenza. Il che non significa che la nostra Identità debba tradursi in forme di chiusura autocastrante o di separazione: essa deve invece essere accettata e riconosciuta come la condizione base del nostro modo di situarci nel mondo e di dialogare con gli orizzonti più diversi, senza cedere alla tentazione â come osserva acutamente il filosofo sardo Placido Cherchi â di usare la nostra differenza come ideologia o di caricarla, a seconda delle fasi, ora di arroganze etnocentriche ora di significati autodepressivi.