La foto invitami dai miei ex colleghi di Scienze Politiche mi ha fatto ricordare la lotta psicologica e strategica con i controllori del CTM, sopratutto il primo anno di università . Io stesso mi sorprendo della raffinatezza dei sotterfugi, della razionalizzazione della strategia, anche un movimento di sopracciglio poteva risultare decisivo. Io non utilizzavo tecniche rozze, come facevano altri. Ho visto sfondare il portellone, da parte di studenti pacati trasformati improvvisamente in squadroni della morte. Nei tram di un tempo, si poteva anche abbassare il finestrino, ed ho visto tanti studenti lanciarsi nel vuoto, in pieno traffico, pur di sfuggire alla multa. Ho visto amici dare falsi nomi, fingersi dementi o stranieri, pur di evitare una multa che ammontava a 30 euro (tra l'altro, oggi mi è arrivata una multa di 130 euro perché andavo a 101, invece che ad 80, meno 3 punti della patente... Tra l'altro in un rettilineo infinito, ma non divaghiamo). Oggi il CTM ha cambiato strategia, piazzato telecamere in ogni dove, sistemato vetrate che non si possono abbassare, insomma, inviolabili. Prima, invece, erano quasi un invito al teppismo, e sopratutto a non pagare il biglietto. Per fare questo, hanno aumentato il prezzo di una corsa di 50 centesimi, così sono bravi tutti... comunque.
Ci trovavamo tra il 1998 ed il 2000, Anno del Signore. Ormai, a casa avevamo messo su una vera squadra di guastatori, eravamo i sabotatori del servizio pubblico, i terroristi del trasporto urbano, i fanatici della menzogna. Un mio collega aveva individuato una tecnica perfetta per ingannare l'obliteratrice. Con un lavoro paziente e chirurgico, riusciva a cancellare la vecchia obliterata, e rendere il biglietto praticamente nuovo. Quando lavorava sugli abbonamenti mensili, si faceva addirittura pagare. Inoltre, ciascuno di noi aveva impresso il volto ed i profilo psicologico dei diversi controllori di cui, in sedute plenarie, discutevamo su come ingannare. Al controllore X, se gli dicevi che eri di Nuoro, si commuoveva, cominciava a parlarti del monte Ortobene e della Chiesa della Solitudine, e si scordava di chiederti il biglietto. Al controllore Y bastava che tu balbettassi, e siccome anche lui balbettava, forse ricordava le umiliazioni brucianti ricevute in gioventù, a quel punto potevi chiedergli anche dei soldi, il suo morale era talmente basso che te li avrebbe dati. Il comportamento più infimo era adottato con controllore Beta, bastava che ti ammischinavi molto, gli facevi pena e ti mollava. Però dovevi avere anche una certa fantasia, inventarti una storia credibile ed avere visto qualche film di Robert De Niro, preferibilmente più volte.
Tuttavia c'era un controllore a cui non potevi sfuggire, nonostante incontri, dibattiti, pedinamenti e robe varie, non eravamo riusciti a decifrare il suo profilo psicologico. Se avessimo avuto Internet tutto sarebbe stato diverso, ma di lui non scoprimmo nemmeno il nome. Lo chiamavamo "Bred Pit Bull", perché quando capiva che non avevi il biglietto non c'era via di scampo, era capace di tenere testa a dieci studenti senza biglietto, e nemmeno se falsificargli il certificato di morte di tuo fratello (facendo comparire che era deceduto il giorno prima, oppure la mattina stessa), potevi strappargli un briciolo di compassione. Lo ricordo come se fosse ieri, era identico all'attore Tommy Lee Jones, pelle scura da indiano, occhi scuri e profondi, sguardo cattivo. Parlava poco, appena il necessario, se gli mostravi il biglietto autentico lo guardava e non ti diceva nulla, ma era capace anche di notare i biglietti falsificati. Aveva un atteggiamento decisamente marziale, se gli avessi cucito i gradi di feldmaresciallo sulla giacca, nessuno avrebbe potuto dire nulla. Insomma, era un vero duro, e non aveva paura nemmeno dei facinorosi, Se le cose si mettevano male faceva chiudere tutte le porte, bloccava il tram tra le lamentele del mondo, ed aspettava l'arrivo della polizia. Secondo me, sotto l'impermeabile, aveva un fucile a canne mozze e qualche mina, ma queste erano solo nostre fantasie (forse).
Con lui mi sono scontrato una sola volta. Ero appena ritornato da Jerzu, dopo un viaggio da incubo in corriera. Mia madre era stata più generosa del solito, ma per principio non acquistai il biglietto, era più forte di me, dovevo essere trasportato gratis dove volevo e quando volevo. Presi l'otto in Via Is Maglias, ed alla fermata successiva salirono lui, ed altri tre controllori. L'autobus era parzialmente vuoto, ulteriore elemento a mio sfavore. "Bred Pitt Bull" ordina all'autista di chiudere tutte le porte, chi doveva scendere poteva passare solo dal primo portellone, in cui era appostato lui ed i suoi fidi colleghi. Ero finito in una dannata trappola ma, si sà , il bisogno aguzza l'ingegno. Faccio sfilare tutti gli altri studenti prima di me, che stranamente avevano tutti il biglietto, dovevano essere studenti d'ingegneria, quelli che vanno a lezione con lo zaino come i ragazzini delle scuole medie. Infine arriviamo all'altezza proprio della facoltà d'ingegneria, che allora aveva una struttura del tutto diversa, sembrava il bunker di Gheddafi. Di fianco, un campo sterrato e dunque la libertà (ora, invece, ci sono altre strutture sempre per ingegneri, a noi di Scienze Politiche, invece, sempre le stesse stanze dai tempi del dopoguerra).
Arriva intanto il mio turno, il segugio fiuta che non ho il biglietto ma, forse per divertirsi, vuole vedere cosa voglio inventarmi. Frugo tasche di tutti i generi, la sacca dello studente, esclamo "un attimo, un attimo, è qui". Continuando in questo modo, porto a casa ben cinque minuti. L'autobus doveva ripartire, quindi mi dicono di scendere, e loro scendono con me. Mi trattavano con assoluto disprezzo, manco fossi Al Capone. Tuttavia il bastardo fa un errore che gli costerà assai caro, ovvero fa scendere prima me. Non appena metto piede sul marciapiede mi propongo con uno scatto assoluto e devastante. Al tempo ero super allenato, giocavo in promozione e la mia qualità era sopratutto la velocità , ero velocissimo, un razzo. Percorsi il campo sterrato d'ingegneria in 4,25 secondi netti, forse ero a livelli di Olimpiadi. Correvo e ridevo, provando ad immaginare la faccia di quello sciagurato, Tommy Lee Jones incazzato, che bello!!!. Ridevo sopratutto perché avrei incontrato i miei fidi colleghi, e mi sarei pavoneggiato del mio atto, come se avessi salvato trenta civili dall'arrivo dei nazifascisti a Marzabotto. Ero stato il primo a fargliela sotto il naso, e lui avrebbe avuto un decisivo crollo psicologico, perdendo autorità anche sui colleghi. Avevo sfondato una porta non solo per me, ma per tutti noi, giovani studenti di scienze politiche, ovvero il peggior materiale umano di tutta l'Università di Cagliari.
Vincenzo Maria D’Ascanio