È facile: quando nasciamo e cresciamo, sappiamo bene quali sono i nostri cugini diretti, gli zii acquisiti e i bisnonni. Ma non è sempre così semplice come sembra definire tutti i legami, neanche quando dobbiamo (o vogliamo) creare un albero genealogico: è inevitabile arrivare al punto d’incastro, in cui non è ben chiaro come collegare due persone o come renderle parte di un gruppo familiare che deve intersecarsi con membri esterni.
Facciamo quindi un po’ di chiarezza, partendo dalla definizione dettata dall’art.74 c.c.: la parentela è il vincolo che unisce le persone che discendono dallo stesso stipite. Esistono due tipi principali di parentela: quella diretta, che unisce i discendenti con i predecessori, e quella collaterale, che unisce persone accomunate da un unico stipite, ma da cui non discendono direttamente. Abbiamo una parentela diretta, ad esempio, nel rapporto padre-figlio, ma anche nonno-nipote; abbiamo una parentela collaterale, invece, nel caso della relazione zio-nipote o cugino-cugino.
Parentela di primo, secondo o terzo grado?
Per capire il tipo di parentela che lega una persona ad un’altra basta considerare il numero di persone esistenti in quel rapporto, ed escludere dello stipite. Ad esempio:
- Padre-figlio: 1° grado
- Fratello-fratello: 2° grado (figlio-PADRE-figlio)
- Nipote-zio: 3° grado (figlio-madre-NONNO-zio)
- Cugino-cugino: 4° grado (figlio-madre- NONNO-padre-figlia)
Che differenza c’è tra parentela e affinità?
Mentre la parentela prevede una discendenza dallo stesso stipite, l’affinità è il vincolo che comprende tutti i cosiddetti “parenti acquisiti”, quindi coloro che hanno un legame con un solo parente, ma sono esterni alla famiglia. Sono affini, ad esempio, il cognato e la nuora.
Il grado di affinità si calcola facendo riferimento al grado di parentela della persona considerata. Ad esempio, se il grado di parentela è di primo grado (papà-figlio), si parla di affinità di primo grado (papà/suocero-moglie del figlio/nuora).
Tra marito e moglie c’è un legame di parentela o di affinità?
Moglie e marito non sono né parenti né affini: sono coniugi. Il legame di coniugio è disciplinato dagli art. 143 e segg. c.c., in cui sono inseriti diritti e doveri di entrambi. Oggi è palese come non sia necessario essere moglie e marito per creare dei rapporti di parentela. Basti pensare ai conviventi e alle coppie di fatto che hanno dei figli: si crea automaticamente una discendenza diretta, pur non essendoci un legame civile o religioso alla base degli stipiti. Se, in un secondo momento i due, coniugi o conviventi, si separano, i legami di parentela e l’albero genealogico non subiscono alcuna variazione.
In caso di adozione, l’adottato diventa figlio legittimo e i genitori adottivi diventano l’unica famiglia del minore. Da quel momento, i legami giuridici dell’adottato con la famiglia d’origine si interrompono; non c’è più alcun diritto o dovere reciproco. Gli unici a rispondere legalmente sono i genitori adottivi. Tuttavia, questa situazione è spesso motivo di turbamenti psicologici per il figlio adottato, soprattutto se l’adozione è avvenuta in tenera età e il bimbo non ha mai conosciuto i suoi genitori biologici. Crescendo, in lui potranno sorgere grandi dubbi, che potranno essere risolti solamente con un test genetico del DNA, al fine di scoprire le sue vere origini.
I gradi di parentela nell’albero genealogico
Fino ad ora potrebbe non essere del tutto chiaro come ricostruire i legami e capire il grado di parentela. È possibile esemplificare il ragionamento rappresentando tutto sull’albero genealogico. Si tratta, infatti, di una rappresentazione grafica delle discendenze familiari e delle relazioni che intercorrono tra tutti i membri di una stirpe. Vediamo come farlo al meglio.
I nodi dell’albero genealogico sono gli stipiti. Le linee orizzontali indicano una relazione diretta tra stipiti, come ad esempio un matrimonio o una convivenza. Le linee verticali indicano una discendenza diretta. Moglie e marito saranno quindi uniti da una retta orizzontale tra loro, mentre una retta verticale li collegherà ai figli.
La discendenza prosegue in questo modo, da una generazione all’altra, inserendo i figli dei figli, con relativi compagni, mariti e mogli, e ulteriori figli.
Ogni volta che un figlio ha a sua volta un figlio, diventa stipite. Se, invece, non ha alcun discendente, diventa “foglia” di quell’albero genealogico.
Non si può determinare un capostipite assoluto della propria famiglia; tutto dipende da quanto in profondità (e antichità) si intende scavare. Ogni volta che si rappresenta un albero genealogico, però, il primo stipite raffigurato rappresenta il capostipite per quella famiglia.
Guardando l’albero genealogico rappresentato, forse è più semplice capire i gradi di parentela tra i vari membri della famiglia. Vale la regola del “cammino minimo”, ossia il cammino più breve per arrivare da una persona all’altra. È sufficiente seguire questa teoria e contare le linee che collegano le due persone, per capire qual è il legame di parentela tra loro.