Partecipa a CagliariQuotidiano.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Se dalla Sardegna sparissero gli artigiani?

Condividi su:

Cosa succederebbe in Sardegna se domani
sparissero tutti i 38.803 artigiani? Confartigianato Sardegna: "Uno
tsunami sull'economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e
famiglie".

Burocrazia, tasse, sprechi, provvedimenti incomprensibili, territori
che si spopolano, trasporti problematici e servizi carenti....e chi più
ne ha più ne metta.

La Sardegna è una regione che, nonostante tutte le mortificazioni a
danno di imprenditori e dipendenti, si regge ancora tanto sulle
aziende artigiane.

E se domattina, d'improvviso, la nostra isola rimanesse senza i suoi
38.803 artigiani?

Lo ha voluto sperimentare Confartigianato Imprese Sardegna che, grazie
al Dossier "Territori 2013" dell'Ufficio Studi Nazionale, ha voluto
"giocare" incrociando vari dati di, come per esempio, Istat,
Bankitalia, Unioncamere.

"Semplicemente sarebbe uno tzunami sulla già decimata economia sarda -
commentano da Confartigianato Imprese Sardegna - e sarebbe uno shock
micidiale anche sulle condizioni di benessere di cittadini e
famiglie".

L'impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza
contenuto: il 2,4% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno
tsunami sull'economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e
famiglie.

Il valore aggiunto diminuirebbe di 3.736 milioni di euro, pari ad un
calo del 12,6%; il 'buco di Pil' sarebbe equivalente a quanto prodotto
dall'economia della provincia di Aosta.

Il Made in Sardegna perderebbe un apporto dello 0,9%, pari a 51
milioni di euro ed equivalente alle esportazioni della provincia di
Cosenza.

Considerando senza lavoro i 40.400 dipendenti dell'artigianato, il
numero di disoccupati aumenterebbe del 41,7% ed il tasso di
disoccupazione passerebbe dal 14,8% al 22,2% aumentando di 7,4 punti.

Rimarrebbero 663.754 abitazioni senza artigiani dell'edilizia e
dell'installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.

Rimarrebbero inanimati 22.287 impianti fotovoltaici senza una adeguata
installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle
rinnovabili, lo stesso per i 47 impianti eolici.

Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed
uffici rimarrebbero 20,5 milioni di tonnellate di merci che non
verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.

Vi sarebbero 568.000 famiglie che possiedono almeno un'automobile e,
nel complesso, un parco di 1.003.338 veicoli circolanti senza
autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e
assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli,
autovetture ed autobus fermi per strada.

Rimarrebbero 661.000 famiglie che possiedono una lavatrice e 415.000
famiglie che possiedono un lettore dvd senza artigiani riparatori di
elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti. Sarebbero
senza assistenza tecnica anche le 308.000 famiglie che possiedono
condizionatori e climatizzatori.

Sarebbero 232.000 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte
per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di
ricambio. E le 424.000 famiglie che possiedono Personal computer
rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani
dell'informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.

Sarebbero 234.000 famiglie che possiedono una antenna parabolica e
altre 535.000 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter
vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di
antenne.

Gli 11.096 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero
indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria
artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il
banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria
artigiana specializzata.

Un disastro della qualità per 787.000 italiani che mangiano dolci
almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire
pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.

Per 294.000 cittadini che non pranzano in casa nessun panificio o
rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.

Per 1.601.576 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli
artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un
regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad
esempio, negli articoli di abbigliamento, in pelle e pellicce, nei
prodotti in legno e nei mobili, nell'oreficeria, nel vetro e nella
ceramica.

Sarebbero 741.833 le donne con oltre 15 anni che non troverebbero
acconciatori ed estetisti.

Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella
provincia i residenti e i turisti, sarebbero 3.883.086 le persone che
non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani
specializzati di monumenti e delle opere d'arte presenti nei 225
musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia
pubblici che privati regionali.

Una débâcle anche per il turismo: i 2.242.707 arrivi turistici non
potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane
indispensabili per il soggiorno né accedere alla qualità dei prodotti
dell'artigianato.

Questa storia che abbiamo inventato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.

Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione "sul campo" fatta
dagli artigiani ai neoassunti vale 107 milioni di euro all'anno, pari
al 2,87% del valore aggiunto prodotto dall'artigianato del territorio.

Da questa semina quotidiana svolta nelle aziende l'artigianato
potrebbe risorgere grazie ai 40.400 dipendenti delle imprese artigiane
che diventerebbero, a loro volta imprenditori artigiani, sempre che la
burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della
Pubblica Amministrazione non uccida questo rinascimento
dell'artigianato: tra 34 Paesi avanzati l'Italia è al 31° posto per
contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca
Mondiale Doing Business 2014; tra tutti i 189 Paesi nel mondo l'Italia
si posiziona al 65° posto.

Al contrario avanziamo all'8° posto per entrate fiscali sul Pil,
saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura,
primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate
fiscali tra il 2005 e il 2013.

"Ecco cosa succederebbe - concludono da Confartigianato Imprese
Sardegna - noi pensiamo che non ce lo possiamo permettere. Ecco perché
il prossimo 18 febbraio, a Roma, saremo in tanti a chiedere non un
nuovo Governo ma una visione nuova. Una maggiore consapevolezza. Meno
autolesionismo e un po' più di amor patrio".

Condividi su:

Seguici su Facebook